domenica 2 novembre 2014

Il giovane favoloso

Un film sulla vita di Giacomo Leopardi sembrerebbe istintivamente impensabile. Come si fa a raccontare un genio, un animo complesso, dolente e infinitamente infelice, la sua epoca così singolare? Raccontare sulla pellicola la storia del più strordinario genio della nostra Letteratura pare non fosse idea nuova. Fu ventilata questa possibilità molti anni fa, una decina credo, con Sergio Rubini nel ruolo del protagonista. Produzione che poi non fu mai realizzata. La sfida viene raccolta da Mario Martone, in una produzione che porta la sua firma nello stile e nel rigore del racconto.
Questo è un film che emoziona, uno di quelli che alla fine ci lascia attoniti e incapaci di lasciare la sala del cinema, mentre quella colonna sonora dal ritmo moderno descrive l'ultimo canto di Giacomo, il testamento poetico che declama dinanzi al cielo notturno di Napoli, e lui ancora una volta come sgomento dinanzi al creato, percepito fin dalla sua cosmogonia, come se la sua mente si dilatasse un'ultima volta dinanzi a spazi siderali che egli percepisce fin dalla sua adolescenza.
Elio Germano, il suo interprete, vince pienamente la sua prova più difficile finora affrontata. Credibile, struggente, tenero, dolente, traspira quel dolore ineffabile che Leopardi ha sublimato in versi di infinita e ineguagliabile bellezza, oltre che in tante opere scientifiche e filosofiche. Il rigore di Martone è assoluto, la storia del giovane Leopardi è un racconto che in tutta la prima parte ha come scenario la Recanati amata e odiata, gli ambienti austeri della casa, l'ordine e la dedizione alla biblioteca, centinaia e migliaia di fogli scritti minuziosamente, le solitarie passeggiate sul colle dal quale immaginare scenari nuovi, la finestra nella quale è incorniciata una giovane Teresa Fattorini destinata a morte precoce. Su tutto il dolore di un giovanissimo Leopardi che subisce l'austerità della madre e l'ossessivo attaccamento paterno, mentre una malattia deformante affligge i suoi giorni e paradossalmente gli dona un osservatorio personale dal quale percepire il destino degli uomini. 

...io non ho bisogno di stima, di gloria o di altre cose simili. Io ho bisogno di amore, di entusiasmo, di fuoco, di vita.

Giacomo è come assetato di qualcosa di cui percepisce l'esistenza e allo stesso tempo sente che a lui non è destinato. Il dolore si alimenta di un'insoddisfazione profonda, pertanto dilaga e segna irrimediabilmente le sue relazioni col mondo che incontrerà. Infatti, nella seconda parte, Leopardi ha acquisito la sua libertà, vive a Firenze, poi Roma, poi Napoli, quel mondo che aveva idealizzato e dinanzi al quale resta deluso, nell'amore non condiviso dall'aristocratica Targioni Tozzetti, nella constatazione di non appartenere a una società che inneggia a "magnifiche sorti e progressive" dalle quali si sente a distanza, nell'unico conforto dell'amicizia di Antonio Ranieri. Nel mutare degli scenari non muta Giacomo, che precocemente era giunto al Vero, al Dubbio come suo assoluto, e al quale non resta che porsi come spettatore dinanzi alle miserie degli uomini, compatirli e vivere le sue altissime intuizioni mentre la storia si fa dinanzi ai suoi occhi.
Ogni delusione è pertanto linfa vitale dentro Leopardi, che si contorce fino alla paralisi in uno spasmo che è già morte, ultimo viaggio che Silvia additava nella chiusa della canzone a lei intitolata. Gli ultimi giorni di Leopardi sono lenti e riflessivi, è adulto ma in lui non ha mai smesso di vivere il fanciullo recanatese che si dibatteva nel suo furore intellettuale. Se dovessi immaginare un centro assoluto di questa mirabile pellicola, esso si concretizzerebbe nella frase che tuona dinanzi al padre Monaldo: Io odio questa prudenza che rende impossibile ogni grande lezione, padre!!! Qualcosa che rende Giacomo Leopardi non più lontano nel tempo, nella forma, nell'intelletto, ma straordinariamente vicino, attuale, in quell'anelito di vita che accomuna tutti i grandi animi che sanno percepire la Bellezza e farsene vivi assertori. 
Luz


3 commenti:

  1. Leopardi è favola. Lo dice il titolo. E' l'uomo di ogni tempo come può esserlo una favola che a qualunque età viene proposta per la sua morale, il suo intreccio, la sua evoluzione. Un giovane che intreccia il proprio pensiero all'infinito che solo uno spirito indomito riesce a vedere. Malato ma lucido, battuto dalla sorte però mai abbattuto nella forza che lo spinge a camminare, a cercare, a sollevare il capo più di quel che gli è consentito. Si può rimanere in fila e seguirla a comando e all'improvviso guardarsi intorno e VEDERE ciò che agli altri è escluso, ossia "interminati spazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quïete" con gli strumenti della fantasia che svelano questo giovane, limitato nel proprio fisico e nelle restrizioni che combatte, come una potenza sognante che arde di vita e di dolore insieme, di libertà e di riposo, di eterno e di se stesso. Leopardi è fanciullezza: la racconta nelle sue pieghe di dubbi, di curiosità di...muoversi. Leopardi è amarezza: ce l'ha addosso e la rende dolce nei versi oppure la rende fiele e te lo fa bere di gusto. Leopardi è un indefinito che cerca di conoscere la vita. Un rebus! Ha la luce della favola e il dramma della fiaba.

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  2. Partirei dalle ultime tue frasi, cara Luz, prima però voglio dire che il tuo commento oltre a essere, come è nel tuo stile, sottilmente chirurgico nella pur complessa interpretazione, denota una lettura e conoscenza approfondita.Lo condivido e ti plaudo.Tornando all'inizio confesso di essere stata vittima di un imperdonabile pregiudizio in parte riscattato da quell'istinto e curiosità,"...fatti non foste a viver come bruti......"che mi inquieta e mi fa "navigare" continuamente con me stessa. Pregiudizio indiretto il primo, pregiudizio costruito, il secondo. Il primo: mi raccontavi del libro che stavi leggendo di P. Citati su Leopardi, ed io ascoltavo sinceramente distratta; il secondo: dopo tantissimi anni passati sui banchi di scuola a far conoscere, amare, condividere le pene e le gioie, concretizzandole e attualizzandole il più possibile ad alunni poco inclini,a comprendere, giustamente, tutto ciò che si allontana dal proprio vissuto, ragazzi ancora teneri per età e forma mentis,di dieci undici dodici anni,pensavo,quindi, appena uscito il film, che sicuramente sarebbe stato altrettanto faticoso andarlo a vedere, sicuramente noioso, pesante non adatto, per me, a trascorrere due ore al cinema spaparacchiata su di una comodissima poltrona,interrompendo la suzione della liquirizia,i miei adorati lacci,a seconda dell'emozione della scena, smettendo contemporaneamente anche di respirare, tanta è la compartecipazione che la visione di un bel film mi deve suscitare, e invece domenica scorsa decido di andarlo a vedere corazzata ma ben disposta. Meraviglia, piacevole sorpresa, quale magica immersione da subito! Mi sono immensamente ricreduta, lascio stare l'ambientazione così reale, così epidermica da far commuovere e trasalire, addirittura. Ma la sublime interpretazione di Elio Germano ti porta lontano tra quegli infiniti spazi e sovrumani silenzi ..e..il mare..e..l'orizzonte..Sei dentro e non puoi più uscire.Ci sei solo tu e lo schermo, anzi ciò che scorre e che vorresti rimandare indietro perchè sicuramente hai perso un particolare, una frase, uno sguardo.E non ti importa, non lo vedi, che neanche gli somiglia tanto,anzi, sei sicura che è Lui Leopardi.Che forza, che intensità, che amore per la vita, che anticorformismo verso quel mondo borghese che finge di voler cambiare ma pronto a difendere sempre i propri privilegi anche rinnegando se stessi.Il giovane Leopardi è consapevole,indomito nella sua eterna lotta per affermare i suoi valori, il suo amore per la vita, il suo sentire libero.Ma ancor di più è la struggente tenerezza che infonde in ogni suo gesto, in ogni suo pensiero per la paura di non riuscire a sopportare sufficientemente le ferite dell'anima.Cosa c'è di più attuale, mi sono chiesta. E alla fine quando le luci si sono accese ho realizzato, tra stupore e incredulità, dove mi trovavo: in una sala cinematografica!
    Cris

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  3. Il film è un vero e proprio inno alla bellezza e, per necessaria conseguenza, alla vita: il Leopardi stereotipato da tanti cattivi approcci scolastici torna con la coppia Martone-Germano a ricongiungersi con il suo desiderio di fama e vita, amore e canto dell'esistenza. Un'eccezionale prova di cinema, un'interpretazione più che emozionante.

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