Interessante questo racconto ambientato nel sofisticato mondo della musica classica, che si fa cornice di un intreccio sulle relazioni umane, sull'ambizione e la frustrazione, sulla solitudine e il rancore.
Trama semplice: il maestro di violoncello, fondatore del quartetto, è colpito dal Parkinson, pertanto non potrà più sostenere i virtuosismi dell'Opera 131 di Beethoven, il prestigioso repertorio della tournée imminente. Il ritiro dalle scene, sapientemente preparato, fa da sfondo alle difficili relazioni fra gli altri tre componenti del gruppo, che modificano il loro percorso consapevoli del vuoto che lascia il loro maestro e mentore. I protagonisti si scoprono in equilibrio instabile, al centro di un sistema cui solo la musica riesce a dare stabilità. Robert, il secondo violino, intende prendere il posto di Daniel, primo violino, amico e maestro di strumento di sua figlia; il dialogo fra Robert e sua moglie Juliette, violista del quartetto, precipita fino al tradimento di lui con una danzatrice di flamenco; Alexandra, loro figlia e promettente violinista, inizia una relazione con Daniel. E' tempo di resoconti e bilanci dell'ultimo ventennio, mentre Peter sprofonda lentamente nella sua malattia e si prepara al suo addio alle scene.
Forse Beethoven cercava di sottolineare il senso di coesione, il senso di unità fra fatti della vita.
Questo film diventa una lente di ingrandimento di ciò che può celarsi dietro il celebrato mondo dei più grandi interpreti della musica, mostrando miserie umane che accomunano questi virtuosi musicisti al resto del mondo. Sono in grado di farsi preziosi interpreti di partiture complesse, ma sacrificando preziosi affetti, diventano attenti a ogni piccola coloritura, pronti a sfidare la narrazione del genio e farsene reinventori, ma perdendosi nel contempo dinanzi ai bisogni di una figlia, che urlerà la sua solitudine o rifuggendo ogni altro rapporto umano, totalmente immersi nell'incanto di quelle opere complesse.
Uno degli aspetti più interessanti del film è proprio questa aperta dichiarazione nei riguardi del dovere della conoscenza. In una delle scene, mentre Alexandra, ancora acerba violinista, tenta di suonare un brano difficile, Daniel spegne ogni sua velleità mettendone fra le mani tre volumi sulla vita di Beethoven, dicendole che è impossibile suonare senza prima conoscere a fondo le intenzioni, i contenuti, le direzioni di chi crea quelle partiture. Il rigore dello studio che diventa indispensabile per essere autentici musicisti. Il prezzo è altissimo, ma questi studiosi hanno costruito il loro percorso consapevoli che non esistesse nient'altro che volessero attraversare, sperimentare, nel quale volessero immergersi totalmente.
Ho fatto l'ennesima riflessione sull'onestà di chi realmente lavora perchè un capolavoro venga perpetrato, su chi comprende ogni giorno quanto sia necessario lo studio vero e il rispetto di ciò di cui i grandi ci hanno reso eredi. Il film racconta pertanto essenzialmente questo aspetto e si fa metafora di quanto possa costare l'autenticità e la credibilità. Da vedere.
Luz
Cara Luz, avevi ragione, molto interessante.Sicuramente lo vedrò, tanto Sky è per certi versi asfissiante nella ripetizione che può essere un bene o un male, dipende.Devo dirti però che la prima cosa che mi è venuta in mente,leggendo questa tua puntuale e rigorosa recensione, forse influenzata dalla lettura del giornale quotidiano, la similitudine- metafora del tempo che stiamo vivendo.Dal titolo:"La fragile armonia"si capisce già che l'instabilità dei componenti il gruppo è insita nella più o meno bravura dell'altro.Nell'equilibrio psicologico piuttosto che nella presunzione di essere il migliore.Che in realtà potrebbero eguagliarsi.Ma il "Maestro"colui che tiene insieme il gruppo, l'amore per la musica, si ammala e lascia. Si realizza ciò che era stato preannunciato: la fragilità dell'esistenza stessa. E qui faccio la mia riflessione sul momento che stiamo vivendo come Stato, come società, come gruppo: se non siamo pronti, preparati, interessati a migliorare, a conoscere, ad approfondire, insomma ad appropriarci di strumenti conoscitivi e a metterli al servizio dell'altro in maniera paritetica siamo destinati a ogni sorta di squilibrio,di tensione e incomunicabilità.Tu rifletti sul messaggio metaforico relativo all' importanza della serietà nel lavoro, del sacrificio che sottintende, per il raggiungimento di una efficace e duratura credibilità.Mi trovi d'accordo, però se viene a mancare il "Maestro"e resti isolato, pur nell'universalità,in questo caso dell'arte,lo smarrirsi è facile perchè più profonda è la frattura.
RispondiEliminaCris
Cara Cris, come non soffermarci almeno un attimo, ogni giorno, sull'importanza del Maestro? Può ben dirsi egli rappresenti tutto. In Usa chiamano questa figura "guiding light", una luce guida che ci aiuta a vedere laddove l'oscurantismo tutto travolge e immerge. E ogni giorno ci misuriamo con queste tenebre di ignoranza che combattono ferocemente contro ogni velleità di andare oltre, conoscere, evolvere, migliorare, approfondire. Ignoranza e superficialità regnano sovrane, ma noi tentiamo di contrastare questa forza, pur travolgente, e sradicarla. Tornando a questo interessante film, sappi che mi era stato vivamente consigliato da un musicista e professore che entrambe conosciamo. :-)
EliminaUn suo consiglio è sempre prezioso, ogni volta che mi omaggia di una "dritta" so che prima o poi vedrò quel film o leggerò quel libro. Ecco un altro animo sensibile, attento alla conoscenza, maestro di sintesi e analisi, stanco di tanta becera superficialità, che coltiva il suo "hortus conclusus" per se stesso, ricreando o cercando la Bellezza, e per chi vuole ascoltare. A volte, capita la fortuna di una sorte benigna e generosa che ci permette di conoscere persone siffatte e se siamo abbastanza sensibili, ci disponiamo a trarne un beneficio di contributo alla crescita e alla nostra umana e doverosa evoluzione. Tanta altra umanità, miserrima e "quantitativa", non è che un incidente di percorso, un'illusione di felicità, chimere camuffate di belletto, cicaleccio inconcludente e immane perdita di tempo e risorse. Ma abbiamo imparato a farci scudo dinanzi a tali illusorie visioni e riconoscerle come tali. Forse proprio quel sofferente percorso, l'agnizione e lo smascheramento, ci arricchiscono di quella forza che si alimenta nel dolore.
Pertanto esso non è mai inutile o gratuito.
Luz
Io l'ho sempre considerato un grande professionista della Musica. Ho spesso partecipato ai suoi concerti e alle tante manifestazioni musicali che ha organizzato,di altissimo livello per scelta di autori e di interpreti.Maurizio D'Alessandro è una persona discreta, di poche parole ma quelle poche sono argute e mirano alla sintesi senza tanti preamboli. Così è pure nelle sue performance musicali: puro,cristallino.Ascoltarlo,oltre al piacere e alla consapevolezza di assistere a qualcosa di irripetibile e unico,è,come dici tu,Luz un privilegio.Maurizio, come nel film, rappresenta il rigore nello studio che diventa indispensabile per essere autentici musicisti.Per me, che amo la sua musica, è anche difficile razionalizzare i sentimenti, le emozioni che suscita.E condividendo pienamente quello che dici, cara Luz,è di grande conforto, sapere che siamo in grado di riconoscere l'autenticità della Bellezza.
EliminaCris